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Educare alle diversità: prevenire l’omofobia

Dott.ssa Silvia Dradi - Specialista in pedagogia clinica, Bergamo

Chiedersi chi siano gli omosessuali, chi siano le lesbiche e i gay, nella loro storia privata e nella società, significa fare i conti con l’omofobia, un fenomeno sociale che riguarda ogni contesto culturale che alimenta il pregiudizio verso” il diverso”.
L’omofobo infatti si muove infatti in un contesto che spesso lo legittima.
L’omofobia, a differenza di altre forme di discriminazione come il sessismo o il razzismo rappresenta spesso uno “stigma invisibile”, per cui i sentimenti e i vissuti delle persone omosessuali non sono subito riconoscibili, e sono gay e lesbiche, spesso, a dover decidere se manifestare o meno la propria omosessualità. Lo svelamento del proprio orientamento sessuale rientra in un percorso difficile dell’identità e il coming out non è una decisione con la quale le persone omosessuali faranno i conti una volta soltanto, ma continuamente per tutta la vita perché in ogni momento e contesto dovranno decidere come muoversi, cosa dire o non dire.
Oggi il mondo scientifico, cioè relativo alla nosologia psichiatrica e quindi all’OSM (organizzazione mondiale della sanità), è concorde nel ritenere che l’orientamento omosessuale non è una patologia, ma una variante naturale del comportamento sessuale umano. Ne consegue, quindi, che le persone omosessuali non sono malate e non cercano una cura per guarire. Al contrario, la sofferenza delle persone omosessuali è da attribuire al fatto che vivono in modo egodistonico il proprio orientamento sessuale agendo quelle che viene definita una forma di “omofobia interiorizzata”.
L’intervento pedagogico clinico può collocarsi all’interno della relazione d’aiuto, sostenendo la persona in difficoltà nel percorso di coming out, favorendone non solo la presa di coscienza, ma anche una serena emancipazione a fronte di un’omofobia sociale e interiorizzata e delle sue conseguenze.
E’ necessario quindi progettare interventi secondo un approccio ecologico e dinamico in grado di attivare cambiamenti nei contesti attraverso azioni dirette (orientate empiricamente e individualmente) e indirette (orientate alle dinamiche relazionali che coinvolgono il soggetto, a contesti, progetti, testi, destinati all’educazione) sinergiche.
Il dominio di lavoro in cui si può esprimere una pedagogista clinica in quest’ambito può essere cos’ declinato:

1. CONSULENZA ORGANIZZATIVA INTERNA PER LE ASSOCIAZIONI LGBT
2. FORMAZIONE E PROGETTI DI COMUNITA’
3. PREVENZIONE della marginalità e del disadattamento individuale/sociale (omofobia interiorizzata/ sociale)
4. PROGETTAZIONE EDUCATIVA E DIDATTICA
Progettazione di accoglienza
Progettazione di adattamento/aggregazione/inclusione
5. PEDAGOGIA SPECIALIZZATA NELLE TEMATICHE lgbt
Consulenza /attivazione di materiali e sussidi a tematica lgbt
Consulenza sui libri di testo e sulla letteratura per ragazzi a tematica lgbt
Consulenza/Conduzione di progetti educativi nelle scuole (agli insegnati e agli studenti)
Relazioni con i servizi specialistici psico-sociosanitari
Relazioni con Famiglie e territorio
6. DOCUMENTAZIONE-Archivio
7. AZIONI EDUCATIVE INDIVIDUALI
8. AZIONI EDUCATIVE CON IL GRUPPO
9. CONSULENZA/ATTIVAZIONE DI AZIONI DI FORMAZIONE
10. ORIENTAMENTO/INVIO AD ALTRE ASSOCIAZIONI (Agedo, Rete Lenford, Sindacati, Famiglie Arcobaleno…)
11. COORDINAMENTO CON ALTRE ASSOCIAZIONI DEL MOVIMENTO LGBT
12. COORDINAMENTO CON ALTRE ASSOCIAZIONI DEL TERRITORIO SENSIBILI AI TEMI DELLE MINORANZE E ALLE LOTTE CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
13. PARTECIPAZIONE AI TAVOLI ISTITUZIONALI E POLITICI

E’ inoltre importante sviluppare una riflessione critica su alcuni aspetti rilevanti del dibattito attuale che periodicamente vengono trattati su giornali e televisioni per lo più in modo ideologico e spesso intriso di pregiudizi e stereotipi, quali l’omogenitorialità (e quindi la realtà dei bambini che crescono in famiglie con genitori gay o lesbiche) e il drammatico fenomeno del bullismo omofobico in aumento nelle scuole di cui si parla solamente a fronte di fatti di cronaca tragici.
Esistono inoltre teorie psicologiche cosiddette “riparative” (Nicolosi) che mirano al cambiamento dell’orientamento sessuale o alla repressione dell’omosessualità tentando di incrementare comportamenti e desideri tipici dell’eterosessualità. Ne fanno parte, per esempio:
• - la tecnica della covert sensitization, con cui si insegna al paziente
di immaginare qualcosa di spiacevole al fine di contrastare desideri
omosessuali indesiderati (per esempio contrarre l’HIV);
• - l’uso di sexual surrogates del sesso opposto (pratica da espletare
per telefono o fisicamente);
• - la proibizione della masturbazione;
• - incoraggiare la frequentazione di persone eterosessuali dello stesso sesso;
• - palestra e attività di squadra;
• - lettura della Bibbia e la preghiera.

E’ stato ampiamente dimostrato che questi interventi rinforzano solo un lato del conflitto del paziente e lo agiscono, anziché esplorarlo, nel rapporto interpersonale con il terapeuta; rinforzano inoltre le tendenze dissociative anziché quelle integrative e, oltre a non produrre l’atteso riorientamento sessuale, spesso peggiorano le condizioni psichiche del soggetto esasperando l’autodisprezzo e la vergogna (omofobia interiorizzata), anziché coltivando (terapeuticamente) l’accettazione di sé.
Freud stesso (1920) scriveva: “L’impresa di trasformare un omosessuale in un eterosessuale non offre prospettive di successo molto migliori dell’impresa opposta”!
La funzione di una pedagogista clinica può assumere allora una funzione determinante nel rispettare emozioni e percorsi personali, creando un clima di fiducia e di empatia in cui chi chiede aiuto possa sperimentare un’accettazione completa e parlare liberamente perché diventa importante interrogare la domanda di aiuto della persona che spesso porta con sé pregiudizi e stereotipi quali:
• Ho paura di deludere i genitori
• Me lo chiedono i miei genitori
• Mi sento “sbagliat*”, “senza un posto nel mondo”, “divers*” da tutti
• Mi sento in colpa
• Gli omosessuali vengono rifiutati
• Sono destinati alla solitudine e all’infelicità
• Voglio sposarmi / voglio una famiglia
• I gay sono deboli, perdenti, “femminili” (M)
• Le lesbiche sono dure, “maschili”, poco materne (F)
• Gender stress (“se mi piacciono gli uomini non sono un uomo”, “se
• mi piacciono le donne non sono una donna”)
• Avrei problemi di lavoro
• L’omosessualità è contro i valori cristiani e della Chiesa

Un approccio ecologico si riferisce all’interezza di un fenomeno, alla totalità della persona , ma anche ai contesti/situazioni che lo determinano: è su entrambi questi livelli che paure e pregiudizi devono essere affrontati e indagati anche a livello pedagogico al fine di educare alla diversità e prevenire cadute omofobiche.
Per tale motivo è necessario conoscere e approfondire studi e ricerche scientifiche su queste tematiche, ormai ampie, i cui risultati non sono conosciuti né diffusi in Italia, se non da pochi ricercatori e, come scrive Ridley, entrare in un mondo dove la "natura" incontra l'ambiente, l'esperienza e la cultura" superando la contrapposizione tra eredità, natura, esperienza (nature) e ambiente, cultura (nurture).

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Specialisti disturbi dell'apprendimento Vimodrone (Mi)

 

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