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POTENZIAMENTO COGNITIVO E ANZIANI

di Loretta Camisani - Pedagogista clinico - Brescia

Il modo in cui pensiamo alle demenze ha subito profondi cambiamenti negli ultimi dieci anni. Per molto tempo è prevalso un approccio biomedico e neuropsicologico, che ha consolidato un'abitudine a parlare della malattia esclusivamente in termini diagnostico descrittivi. Questa prospettiva rischia ancora oggi di focalizzare la nostra attenzione su una concezione classica della malattia e di perdere di vista la soggettività della persona, cioè il modo individuale con il quale ogni malato affronta la vita e l'evolversi della propria malattia.
Negli ultimi anni l'interesse della medicina si è spostato sull'individualità del soggetto malato, sul come vivere e gestire gli effetti della demenza, per mantenere il più a lungo possibile il benessere e la qualità di vita della persona affetta da questa malattia. Ciò significa che la medicina non si arrende di fronte alle patologie cronico degenerative ma vede aprirsi nuovi scenari che offrono grandi spazi di interventi non farmacologici, volti al raggiungimento del benessere della singola persona. In quest'ottica nasce il progetto di potenziamento cognitivo, rivolto ad anziani istituzionalizzati.
Nel campo della demenza, il potenziamento cognitivo, proprio per le caratteristiche di durata e complessità della malattia, assume un significato peculiare. Non è volto al recupero o al ripristino di abilità ormai deteriorate, bensì alla ricerca e alla costruzione di un nuovo equilibrio che migliori la qualità di vita della persona malata, che la aiuti a rimanere parte del suo contesto di vita sociale, compatibilmente con i suoi deficit e le sue disabilità, potenziando le sue risorse residue e salvaguardando il più a lungo possibile la sua autonomia.
Nella stesura di un programma di potenziamento cognitivo, il pedagogista dovrà tenere in considerazione non solo le caratteristiche cliniche della patologia da cui è affetto il paziente, in modo da aver chiaro quali siano le abilità che possano risultare compromesse, ma anche l'esperienza soggettiva che il malato sta vivendo.
La proposta terapeutico-abilitativa deve essere “su misura” per quel paziente. Il progetto di potenziamento cognitivo deve essere personalizzato e deve garantire coerenza e continuità.  L'intervento non deve essere mirato solo al deficit, ma alla persona nella sua globalità, nella sua totalità di soggetto da conoscere e valorizzare. La singola seduta di potenziamento cognitivo è considerata come un momento in cui la persona malata racconta di se stessa e delle sue difficoltà, con i propri mezzi e le proprie risorse, entrando in relazione con il pedagogista. L'aspetto relazionale viene particolarmente privilegiato e valorizzato, in quanto è stato constatato come la possibilità di attivare contatti stimolanti con l'ambiente sociale influisca positivamente sul tono dell'umore, con ricadute positive anche sugli aspetti cognitivi.
Nel momento in cui si effettua un lavoro di potenziamento in un ambito istituzionale, ogni attività cognitiva svolta con un paziente con demenza, essendo delicata, richiede sforzo ed energia da parte di tutti gli operatori. Perché ciò avvenga è importante costruire un progetto ampio e articolato, all'interno del quale tutte le figure coinvolte (familiari, professionali, volontari, ecc.) lavorino in sinergia. Un buon lavoro di équipe è un presupposto indispensabile per la buona riuscita del progetto.
Una volta identificati gli attori del progetto e raccolto informazioni sul soggetto, il trattamento di potenziamento cognitivo può iniziare con la somministrazione dei test, per avere un quadro iniziale sulle capacità cognitive del nostro utente. Per tarare le proposte sulle effettive capacità della persona e monitorare l'efficacia dell'intervento, è necessario prevedere una valutazione neuropsicologica e funzionale da somministrare prima e dopo il trattamento. Potranno essere esplorate le funzioni cognitive e aspetti più generali quali l'autonomia, la qualità di vita, la socializzazione e il tono dell'umore. Occorre fare attenzione a non proporre le prove come un compito o una valutazione per non creare troppa ansia da prestazione.
Lo step successivo consiste nel trattamento vero e proprio, con la presentazione di schede di potenziamento cognitivo inerenti ad attività diverse, che vanno a stimolare funzioni cognitive diverse. L'ambito della stimolazione cognitiva nel paziente affetto da demenza risulta povero di materiale pubblicato. Spesso gli operatori in questo settore si ritrovano a dover inventare gli esercizi da presentare al paziente durante il training, basandosi sulle proprie conoscenze teoriche e cliniche e confrontandosi con colleghi.
Le attività vengono proposte individualmente. Sono indicate per pazienti nello stadio lieve, moderato e grave della malattia, in assenza di gravi deficit attentivi, visivi e uditivi e di disturbi del comportamento (marcate forme di agitazione, aggressività, disinibizione).
È importante che le attività vengano svolte in un luogo informale, confortevole, privo di elementi che possano richiamare un contesto sanitario ed ospedaliero. La stanza deve avere dei richiami utili all'orientamento dello spazio e del tempo, ad esempio un calendario, un orologio, carte geografiche, indicazioni relative al luogo. Sarebbe preferibile disporre di una lavagna cancellabile sulla quale proporre esercizi o effettuare annotazioni. In assenza, si possono utilizzare semplicemente fogli bianchi.
È utile scegliere un luogo tranquillo, silenzioso, ben illuminato, privo di stimoli che possano essere fonte di distrazione per il paziente anziano. La stanza in cui si svolge il training dovrebbe essere sempre la stessa. È opportuno individuare il momento della giornata più favorevole per lo svolgimento dell'attività, dedicando inizialmente anche solo pochi minuti (20-30) e successivamente aumentando gradualmente fino ad arrivare ad una seduta di 45-50 minuti, cercando nel limite del possibile di mantenere tutti i giorni lo stesso orario, per garantire l'acquisizione di una certa metodicità e capacità di distinguere i tempi e le attività durante la giornata. È preferibile scegliere le ore del mattino, poiché questi pazienti nel pomeriggio hanno un livello di vigilanza e risorse attentive molto più ridotte rispetto al mattino e spesso possono essere impegnati in attività ludico-ricreative alle quali non vogliono mancare.
Un training di potenziamento cognitivo per essere efficace dovrebbe essere svolto a cicli di trattamento con incontri molto frequenti: il programma può essere intensivo (con cadenza quotidiana) o estensivo (due o tre volte alla settimana), ponendo attenzione a non creare, con l'alternanza del trattamento, disorientamento e confusione; il primo metodo è sicuramente il più efficace, soprattutto nei casi di demenza grave, anche se spesso esigenze economiche ed organizzative all'interno di una struttura fanno propendere per la seconda modalità. Il numero totale di sedute può variare a seconda del contesto in cui si opera. Per avere una certa validità, è opportuno che le sedute siano almeno venti.
Nel programma di potenziamento cognitivo, è bene differenziare le varie funzioni cognitive e suddividerle in grandi aree, per rendere più fluido il percorso del trattamento e dare un indirizzo utile a facilitare il lavoro del potenziatore, anche se sappiamo bene che ogni singolo esercizio in realtà richiede l'utilizzo di più funzioni, che vengono quindi stimolate all'unisono.
Ogni area trattata presenta tre gradi di difficoltà: facile, media difficoltà, difficile. Questa classificazione consente di seguire una progressione, proponendo esercizi dal più facile al più difficile, ma anche di selezionare esercizi idonei al diverso grado di compromissione cognitiva del paziente. La difficoltà degli esercizi dovrà essere tale da stimolare le abilità del soggetto, senza però provocare in lui sentimenti di frustrazione o umiliazione. Se il soggetto mostra particolari difficoltà, è importante aumentare il numero di suggerimenti utili a dare la risposta corretta. Ogni successo dovrà essere enfatizzato e valorizzato.
Una modalità di somministrazione efficace consiste nel presentare prima la scheda in modo generale, accentuando l'aspetto ludico dell'attività; poi si lascia al paziente la scheda sulla quale dovrà segnare le risposte corrette. Il completamento individuale delle schede è supervisionato dal pedagogista che può dare alcune facilitazioni, tenendo conto delle risorse che il soggetto ha a disposizione e della sua capacità di tollerare le frustrazioni. Alcune schede proposte, in particolare all'inizio del trattamento, rientrano in quelle attività definite “senza sconfitta”, in cui qualsiasi risposta data può essere considerata corretta, per permettere al paziente di rispondere senza essere soggetto alla frustrazione dell'insuccesso, limitando il suo disagio e ristabilendo l'autostima e di accettazione sociale, prerequisiti di partenza per la buona riuscita del trattamento.
È particolarmente importante che l'attività di potenziamento cognitivo sia proposta come un'occasione utile per tenere allenata la mente e non come un compito scolastico da sottoporre a giudizio o al quale dare una valutazione. È bene spiegare ai pazienti l'utilità e lo scopo dell'esercizio. Il paziente è parte attiva del processo di stimolazione e deve essere informato sul fatto che sta lavorando per il potenziamento della sua memoria, per essere maggiormente motivato durante lo svolgimento del compito.
È importante non solo mantenere un atteggiamento incoraggiante e gratificante per far leva sulla motivazione ma anche evitare di sottolineare gli errori, perché la persona potrebbe scoraggiarsi, irritarsi e rifiutare l'attività. Anche il tono di voce ha la sua influenza sulla buona riuscita del trattamento: non deve essere troppo alto, ma melodioso e non aggressivo, anche se si è costretti ad alzare il volume della voce in presenza di lieve ipoacusia.
Il livello di stimolazione a cui il pedagogista deve attenersi è quello che consente di mantenere il più possibile attive le varie funzioni cognitive, senza però che l'utente venga oppresso da richieste stressanti. Se l'attività proposta si rivelasse troppo difficile, il pedagogista dovrà modulare l'intervento fornendo aiuti e indicazioni utili allo svolgimento del compito richiesto, in modo tale che il soggetto arrivi sempre alla risposta corretta. L'anziano dovrebbe sempre ricavare dall'attività che svolge una sensazione di competenza e di soddisfazione, che va a influire sullo stato di benessere psico-sociale generale.
Il percorso di potenziamento cognitivo potrebbe cominciare intraprendendo una sorta di “viaggio ideale”, che inizia dal passato e arriva fino al presente, all'attualità, toccando le tappe principali della vita. I temi principali trattati iniziano dall'infanzia, percorrono la giovinezza, la maturità, la saggezza e si concludono con approfondimenti e considerazioni inerenti la vita presente. Per facilitare l'evocazione e l'esposizione di queste esperienze si possono utilizzare domande guida, messe a punto per ciascun argomento. È utile aiutare ogni partecipante a soffermarsi sui ricordi e sulle esperienze positive in relazione al tema trattato.
Il pedagogista clinico cercherà in questa fase di puntualizzare i dettagli spazio-temporali e  agevolare la ricerca di differenze, similitudini e connessioni con il contesto storico, sociale e politico di riferimento. Può avvalersi dell'utilizzo di materiale fotografico, ricavato da vecchie fotografie, personali e non, sfruttando il potere evocativo che esse portano con sé. L'obiettivo di questo percorso è quello di recuperare la storia personale attraverso la stimolazione del ricordo e aiutare la persona a differenziare il passato dal presente, valorizzando le singole esperienze e l'unicità del vissuto personale di ognuno, prestando attenzione ad evitare di soffermarsi soltanto sulle esperienze passate, perché ciò, oltre che risultare riduttivo, rischierebbe di rinforzare la naturale tendenza delle persone anziane a sentirsi protagoniste solo di quel periodo di tempo.
Terminata questa prima parte di stimolazione della memoria autobiografica ed episodica, si passa a proporre esercizi utili per supportare le diverse abilità cognitive: orientamento nel tempo, orientamento nello spazio, fluenza verbale, attenzione visiva, prassie, funzioni logiche, funzioni mnesiche.
Dopo aver agito sulla motivazione e sulla creazione di una relazione positiva attraverso l'uso della memoria autobiografica ed episodica, la prima funzione cognitiva oggetto di stimolazione è l'orientamento spazio-temporale. Ogni attività educativa proposta all'interno di una R.S.A. dovrebbe iniziare con esercizi di orientamento temporale e spaziale, indipendentemente dal fatto che poi si continui con altri esercizi di attivazione cognitiva.
Dopo aver agito sull'orientamento è bene focalizzarsi sull'attenzione, quella funzione che ci permette di seguire un certo insieme di eventi potenzialmente interessanti, scegliendo fra molti altri che si svolgono contemporaneamente.
Si propongono come stimolo dell'attenzione esercizi che mettono in atto comportamenti di esplorazione e osservazione: ad esempio, selezionare le immagini di una rivista, selezionare stimoli percettivi descrivendo ciò che viene registrato dai sensi, evidenziare lettere, numeri o simboli presenti in griglie opportunamente predisposte, invitare il paziente a alzare la mano o battere la mano sul tavolo ogni volta che sente una cifra o una parola intrusa, trovare le differenze tra due immagini, colorare spazi in base ad una legenda, collegare i puntini in successione in base a lettere o numeri.
A questo punto si può proporre la parte più corposa degli esercizi, inerente il potenziamento delle capacità mnesiche, in tutte le varie forme in cui si presenta la memoria.
Dato che la memoria a breve termine è primariamente compromessa nei pazienti con demenza, è utile incoraggiare il soggetto fin dall'esordio della malattia ad utilizzare strategie per ottenere informazioni di ogni genere.
L'anziano può essere sottoposto ad esercizi di stimolazione inerenti:

  • la memoria di parole e figure: il soggetto deve ricordarsi una lista di parole o una sequenza di figure. È opportuno chiedergli quali strategie ha utilizzato (associazioni, categorizzazione, immagini bizzarre) per capire quali meccanismi sono implicati nel funzionamento della memoria;
  • la memoria di luoghi e percorsi: il soggetto deve ricordare i luoghi e sapersi spostare adeguatamente nel contesto. Si possono utilizzare piantine geografiche o lo stradario;
  • la memoria di piani e azioni: il soggetto deve pensare a quali azioni deve compiere per raggiungere un obiettivo;
  • la memoria di facce e nomi: il soggetto deve ricordare volti in abbinamento ad un nome;
  • la memoria di testi: il soggetto ascolta la lettura di un testo e deve saper rispondere adeguatamente alle domande del pedagogista inerenti il testo.

In parallelo allo svolgimento del programma di potenziamento cognitivo, si effettua una riabilitazione linguistica, soprattutto nelle fasi della demenza in cui non vi è una grave compromissione delle capacità linguistiche, in cui non sia presente un'evidente afasia. La stimolazione del linguaggio si riferisce al potenziamento della capacità semantica tramite l'ampliamento del vocabolario, la scelta dei termini adeguati, il recupero di parole appropriate al loro significato, la produzione di parole con determinate caratteristiche (ad esempio quelle che cominciano con una data lettera), la produzione categoriale con riferimento a categorie precise o ad associazioni.
Quasi a termine del programma si passa alla stimolazione del ragionamento e del pensiero. Nei casi in cui la demenza non ha ancora compromesso in modo drastico le funzioni della cognitività frontale, si può intervenire inducendo il paziente ad attivare funzioni logiche tramite il ragionamento, anziché una semplice rievocazione.
Quando il processo degenerativo avanza, il malato non è più in grado di attingere a quelle rappresentazioni mentali che si era formato nel corso della vita attraverso esperienze concrete. Può essere efficace in questi casi fornire alcuni ausili mnemonici (diari, agende, calendari, orologi, sveglie), oppure creare strategie di organizzazione e pianificazione del proprio agire, formulare schemi di ragionamento e concetti (come trarre dall'esperienza concreta competenze di deduzione e di astrazione), facilitare la valutazione, comprensione e giudizio di un determinato contesto, l'interpretazione corretta dei dati e la scelta di modelli comportamentali idonei. In questi momenti diventa importante aiutare il malato a terminare la costruzione mentale ed operativa del processo che era stato avviato, cercando di proporre un ragionamento basato non su concetti, ma su cose concrete, riferite alla vita quotidiana.
Un intervento di potenziamento cognitivo, svolto con queste modalità, porta sicuramente buoni risultati e non solo sul piano cognitivo. La stimolazione cognitiva in pazienti anziani con deterioramento cognitivo e con demenza è utile e i suoi effetti si allargano dalla sfera cognitiva a quella emotiva, comportamentale e gestionale. Un cambiamento in questo senso porta ad una migliore qualità della vita e probabilmente ad un recupero o alla creazione di un ruolo sociale, anche nel contesto di istituzionalizzazione. Investendo sulle proprie potenzialità, gli anziani sentono di essere vivi e impegnati e la vita stessa acquista un senso nel divenire e, valorizzando se stessi come persone, anche i malati più compromessi possono esibire i risultati più inattesi.

 

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