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Istituto di Formazione in pedagogia clinica riconosciuto UNIPED (Unione Italiana Pedagogisti). Censita CNEL. Aderente CoLAP

LA MEDIAZIONE PSICOPEDAGOGICA

di Gloria Palermo -psicopedagogista

 

 

L'immigrazione rappresenta un fenomeno nuovo per l'Italia, che, soprattutto dagli anni '80, si è scoperta improvvisamente meta del viaggio e dei sogni di altri, che hanno lasciato la propria terra per cercare qui condizioni di vita migliori, sfuggendo spesso alla fame e alle carestie, alle persecuzioni e alla guerra.
Una dimensione inedita del processo migratorio è rappresentata dalla presenza dei bambini e dei nuclei famigliari, rispetto ad una prima fase in cui erano presenti solo singoli lavoratori stranieri.
Il paese in cui si migra diviene così per molti un luogo dove è possibile progettare il futuro per sè e per i figli, non più solo un luogo di transito, caratterizzato dalla provvisorietà e dall'attesa.
In servizi per l'infanzia (scuole materne, asili nido, maternità degli ospedali, consultori pediatrici,ecc.), che erano fino a poco tempo fa decisamente monoetnici, è sempre più frequente incontrare bambini dal colore della pelle, dalla lingua, dalla cultura diverse.
La maggior parte dei bambini stranieri arriva al seguito di uno dei genitori o di famigliari e trova nel paese di accoglimento l'altro genitore o un "pezzo" di famiglia. Il viaggio, in questi casi, è stato preparato e progettato con cura.
In alcuni casi, invece, il viaggio è una vera e propria fuga, fra pericoli e imprevisti.
Per tutti i bambini l'arrivo nel nuovo paese rappresenta un distacco traumatico dalle figure parentali di riferimento (nonni, zii, cugini ) e dai luoghi conosciuti ed esplorati, vivendo una fase più o meno prolungata di sradicamento, di cambiamento improvviso delle abitudini , dei ritmi e dell'immaginazione di sè. Tutto questo può provocare al bambino difficoltà a collocarsi nel nuovo mondo e nel nuovo spazio.
I luoghi fisici, i modelli culturali, la lingua del paese d'origine e i momenti di aggregazione e di affettività possono venire mitizzati e creare situazioni di disagio.
L'incontro con i coetanei ha spesso l'effetto di mettere in discussione l'immagine di sè, del proprio corpo, dei tratti somatici e del colore della pelle. I piccoli immigrati possono assumere comportamenti di auto-svalorizzazione , oppure reazioni di aggressività o, ancora, tentativi di mimetizzarsi nel gruppo e di diventare il più "invisibili" possibile.
Per passare da un mondo all'altro è fondamentale essere sostenuti, guidati e orientati. Nell'assunzione di questo ruolo di guida e di mediazione, spesso i genitori si sentono inadeguati, poichè ignorano essi stessi le regole e la lingua del nuovo mondo, mentre è necessario che siano in prima persona convinti che l'appartenenza a due culture sia arricchente.
Questo significa, in alcuni casi, accettare che il figlio sia in parte diverso da come se lo erano rappresentato, meno fedele alle origini.
In questa dinamica familiare, tra mantenimento e mutamento, la madre ha un ruolo fondamentale di trait d'union. Ella deve continuamente tessere i legami tra il mondo del bambino e quello del padre.
Le donne, però, sono lasciate da sole in questo compito. Il padre, infatti, tende generalmente a restare legato alla propria mitologia infantile e non accompagna la donna in questo percorso di cambiamento culturale .
L'assenza, inoltre, della famiglia allargata, delle figure femminili adulte che intervengono accanto alla madre nella cura dei bambini, viene vissuta dalle donne immigrate come perdita dei legami più profondi ed intimi.
Può succedere, quindi , che madre e bambino non siano più in grado di comunicare e di confrontarsi a causa delle difficoltà che incontrano nella nuova realtà: la scarsa padronanza della lingua ( appresa spesso molto più velocemente dal bambino), la lentezza e la problematicità dell'inserimento nel mondo del lavoro o nel territorio ( i piccoli hanno tempi più rapidi di integrazione nella loro nuova condizione).
Spesso i bambini immigrati, che vivono la vita quotidiana nella famiglia, usano la lingua materna come mezzo per la comunicazione affettiva, mentre l'italiano viene utilizzato da loro a scuola e nella vita sociale extradomestica.
Generalmente, fino al momento del loro inserimento nei servizi educativi per l' infanzia o nella scuola elementare, i bambini comprendono e parlano la lingua materna, che è per loro la lingua degli affetti, nella quale si sono stabiliti i rapporti fondamentali con la madre, con il corpo, con l'immaginario.
La lingua del paese di accoglimento entra nella casa quotidianamente attraverso la televisione, oppure nei contatti con i vicini di casa o con bambini e conoscenti italiani.
La famiglia può incoraggiare, da una parte l'assimilazione linguistica e la riuscita scolastica dei figli, ma chiedere, dall'altra, la fedeltà e l'adesione ai riferimenti culturali d'origine, mandando messaggi contraddittori.
D'altra parte, la lingua che i bambini immigrati parlano a casa non é considerata come un elemento in più, di cui tener conto nella valutazione scolastica. Al contrario, la lingua materna viene spesso percepita come un ostacolo all'apprendimento a scuola della seconda lingua.
Proprio rispetto alla scuola dell'obbligo, soprattutto elementare, la presenza dei bambini stranieri si estende ed aumenta negli ultimi anni in maniera costante.
Oggi l'82% delle scuole elementari e il 48% delle scuole medie di Milano e provincia contano, fra i frequentanti, bambini immigrati da altri paesi o figli di immigrati stranieri.
D'altronde la scuola diventerà sempre di più uno dei luoghi privilegiati per l' incontro con l' altro, uno degli ambiti più importanti per costruire lo scambio e il progetto interculturale.
I bambini stranieri sono soprattutto di età compresa tra i sei e i dieci anni e appartenenti a molte nazionalità, ma con netta predominanza dei gruppi più "radicati" e più consistenti (egiziani, cinesi, peruviani, marocchini, eritrei, exjugoslavi, ecc. ).
Il diritto all' istruzione è garantito anche ai minori presenti in Italia irregolarmente applicando i principi riconosciuti dalla "Convenzione Internazionale sui diritti dell' infanzia" approvata in sede ONU il 20/11/89 e ratificata in Italia dalla legge n° 176/91.
Per regolarizzare la posizione dei minori irregolari , gli iter da seguire sono diversi, a seconda della situazione famigliare e delle modalità di arrivo : per alcuni si prevede il ricongiungimento famigliare; altri vengono tutelati dall' autorità giudiziaria minorile e possono ottenere un permesso di soggiorno provvisorio.
Per i minori irregolari con famiglia pure irregolare, la situazione si presenta complessa ed il minore, inserito come gli altri a scuola "con riserva", può regolarizzare la sua condizione giuridica solo nel caso in cui i genitori, o il tutore, ottengano lo stesso riconoscimento.
La maggior parte di questi bambini viene inserita all' inizio dell' anno scolastico, ma circa un quinto degli alunni provenienti da altri paesi arriva ad anno scolastico già iniziato o inoltrato.
La fase dell' accoglienza rappresenta il primo contatto del bambino e della famiglia straniera con la scuola italiana, con gli insegnanti e i dirigenti scolastici.
Nel momento dell'accoglienza si pongono le basi per l'inserimento e l'integrazione : é il momento di scoperta dell' altro, delle sue ansie, delle sue paure, delle sue attese.
L' arrivo di un bambino nuovo modifica il clima del gruppo e della classe.
I suoi compagni hanno già tante cose in comune: esperienze di anni vissuti insieme, di giochi e feste, antipatie e simpatie consolidate, paure e progetti condivisi.
Gli stessi insegnanti possono avere un transfert empatico e assumere un atteggiamento protettivo, oppure provare ansia e impotenza di fronte alle difficoltà comunicative e voler forzare i tempi dell' apprendimento.
Gli altri bambini sono curiosi e timorosi al tempo stesso di conoscere la sua storia, le mille cose che li uniscono e ciò che li differenzia.
Il bambino straniero da parte sua è impegnato in uno sforzo enorme di adattamento e di apprendimento. Deve, infatti, adattarsi alla nuova scuola e alla sua situazione di vita: capire che cosa si fa in determinate occasioni, come è meglio comportarsi ed agire. Spesso il bambino che ha avuto una precedente esperienza scolastica può avere vissuto situazioni molto differenti da quella in cui si trova inserito attualmente.
In questa prima fase deve, quindi, decodificare i segni nuovi e attribuirvi significato, osservare i comportamenti degli altri per poterli imitare.
Deve inoltre imparare la lingua per la comunicazione quotidiana di base, per esprimere i bisogni, inserirsi nel gioco.
Le difficoltà di inserimento iniziale sono più o meno forti a seconda dell'età, della scolarità precedente, della lingua d'origine, della storia personale e famigliare del bambino immigrato.
Durante i primi giorni d' inserimento, l'insegnante che si occupa dell'accoglienza cerca di raccogliere informazioni e dati sul bambino, la sua storia scolastica, il percorso migratorio.
Nei casi di difficoltà comunicative con i genitori può ricorrere anche all'aiuto di mediatori informali (altri genitori stranieri, connazionali, vicini di casa, ecc.) o formali (traduttori stranieri, leader di comunità straniere, ecc.).
Le difficoltà linguistiche, infatti, impediscono in molti casi alle famiglie immigrate di seguire e accompagnare il processo di inserimento del figlio, di comprendere i messaggi della scuola, di rispondere agli avvisi e alle richieste . Per superare questo problema comunicativo alcune scuole hanno realizzato dei messaggi di routine tradotti nelle lingue più diffuse ( soprattutto in cinese e arabo ).
Le circolari emanate consigliano di sottoporre l'alunno neo-arrivato a delle prove di ingresso, non tanto per esprimere una valutazione sui livelli di competenze, quanto per programmare un intervento didattico individualizzato. Spesso queste prove non sono valide, perché utilizzano la lingua scritta (ovviamente non conosciuta), oppure sono connotate culturalmente, poiché fanno riferimento a pre-requisiti impliciti non sempre comuni e condivisi da tutti.
E' necessario sperimentare delle prove d'ingresso che non usino il linguaggio, o che vengano tradotte anche nella lingua del bambino straniero. Durante la fase d' inserimento è fondamentale prevedere un sostegno di tipo linguistico.

Ecco alcune tipologie d' intervento.

Tipologie dell' intervento

Destinatari

Insegnamento intensivo con orario fisso (per tutto l' anno scolastico fuori dalla classe)

Tutti gli alunni stranieri inseriti, suddivisi in gruppi in base al livello di competenza e alla classe frequentata.

Insegnamento intensivo con orario a scalare

Gli alunni sono suddivisi in due livelli:

-bambini di recente immigrazione non italofoni

- bambini stranieri italofoni, con problemi linguistici relativi alla strutturazione della frase e alla lettura/scrittura.

Concretamente il momento dell' accoglienza diventa meno traumatico per il bambino straniero se quest' ultimo sente di essere " atteso", aspettato con cartelli di benvenuto e segni concreti di ospitalità. Il bambino nuovo inserito ha bisogno di essere conosciuto e riconosciuto (ad esempio con scritture del suo nome nella propria lingua, con cartina e foto del paese dal quale proviene, ecc.).
Inoltre il nuovo alunno ha bisogno di essere informato gradualmente e regolarmente sui diversi aspetti e momenti della vita scolastica per poter riconoscere il "ritmo" della scuola, costruirsi riferimenti spaziali e temporali, in modo da diventare più sicuro nei confronti di un mondo ancora sconosciuto e poco decifrabile.
Ogni bambino, quando arriva in un paese straniero, porta con sé uno zaino pieno di storia, tradizione e cultura. Affinché il suo zaino non diventi un fardello di cui liberarsi il più in fretta possibile, va aiutato a ri-scoprire la sua ricchezza e a dividerla con gli altri.
Allo stesso modo i suoi compagni, di scuola o di gioco, vanno aiutati a ri-scoprire il loro bagaglio e a tradurlo in una comune esperienza.
Il compito del mediatore psicopedagogico é quello di favorire questo incontro e di trasformarlo, assieme alle insegnanti e alle educatrici, in un momento di crescita comune.
Per superare le diversità bisogna puntare a conoscere l' altro come persona globale e permettergli di prendere coscienza del proprio e altrui corpo, delle proprie e altrui emozioni, sensazioni ed espressioni in un autentico e totale linguaggio espressivo.
Il gioco è lo strumento più adatto per facilitare questo incontro, in quanto il bambino, straniero e non, può investire provando piacere, scoprendo modalità d' interazione che si avvalgono non solo del linguaggio verbale o di prerequisiti codificati, ma anche di modalità legate all' espressione non verbale e corporea.
A questo scopo sono interessanti le esperienze che si ispirano all'espressione corporea, alla danza, allo psicodramma e al gioco drammatico.
Il gioco del "racconto del viaggio", sperimentato in alcune scuole elementari dell' area milanese, ha aiutato chi l'ha effettuato a ridiventare protagonista di un' esperienza importante.
La storia del proprio viaggio può diventare un momento significativo nella relazione tra coetanei : per chi é arrivato, perché gli dà la possibilità di affermare la propria identità a partire dalla propria storia personale; e per chi è qui da sempre, perchè impara a scoprire che l'altro viene da un paese reale, che ha un passato e delle radici.

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Specialisti disturbi dell'apprendimento Vimodrone (Mi)

 

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