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La scuola che vorrei
Riflessioni di un’adolescente sulla scuola di oggi

Riccardo Massa, pedagogista italiano, si interrogava sulla funzione della scuola e si chiedeva se essa dovesse educare o istruire. Il dibattito è ancora attuale, perché a questa questione non esiste una risposta univoca, ma è comunque importante fare chiarezza su cosa si intende parlando di educazione e istruzione.
Il termine "educazione" va declinato come un'educazione al sapere, quindi alla curiosità, allo stupore e alla meraviglia davanti al bello, ma soprattutto come educazione a quel senso critico, che consente di riconoscere le informazioni per quello che sono e non solamente sulla base dell'autorità di chi le ha pensate in origine. Educare consiste inoltre nell’incoraggiare lo sviluppo più completo delle attitudini di ogni persona, ed è inseparabile dall’evoluzione sociale.
Per “istruzione”, invece, si intende il fornire contenuti; contenuti che però non devono rimanere inutile nozionismo, alimentato da soli esercizi di erudizione. E’ solo l’unione di educazione e istruzione che consente una reale maturazione e una crescita interiore, perché i due concetti presi singolarmente risultano essere limitanti e riduttivi, rimandando da una parte a una concezione romantica del sapere, e dall’altra a una visione senza anima.
Ne consegue, a mio avviso, che un percorso scolastico completo non può limitarsi alla sola istruzione, che deve essere sempre arricchita con l'educazione.
Io vorrei una scuola che mi sappia appassionare e che riesca a stupirmi, che risvegli in me e in ogni studente curiosità e passione, facendole diventare vive e attive. Vorrei una scuola che sappia valorizzare non solo le conoscenze, ma le competenze; una scuola quindi che alimenti il conoscere critico, che ci aiuti ad ampliare i nostri orizzonti di conoscenza e ci supporti nel nostro percorso .
Nella nostra quotidianità ci troviamo a doverci confrontare con le ombre che, in opposizioni con le migliori intenzioni dei pedagogisti, connotano il sistema scolastico.
La scuola è spesso un ambiente competitivo, per cui, come scrive il sociologo Beck, il problema del nostro tempo è che ci ostiniamo a cercare soluzioni individuali a contraddizioni sistematiche. È proprio in situazioni in cui l'uno è portato a prevalere sulla moltitudine che ci si dimentica il valore della cooperatività. Diverse voci in campo psicologico e pedagogico sono a favore di quest'affermazione. Lo psicologo russo Vygotskij, infatti, sosteneva che alla base dell'apprendimento ci fosse il rapporto sociale. Di conseguenza un insegnante carismatico, capace appassionare gli studenti facendo vivere le materie che insegna, sarà anche capace di entrare in un contatto empatico con loro, aiutandoli a migliorarsi e a non spaventarsi o demotivarsi davanti all’errore. Pertanto saprà calibrare le richieste stimolandoli a mettersi in gioco, e non proporrà ai propri studenti compiti che sono troppo semplici o troppo alti, perché in entrambi i casi si sentirebbero umiliati, in quanto, appunto, non al loro livello.
Lo studente, dal canto suo, si affiderà senza timore all’esperienza del proprio insegnante e non inizierà il proprio lavoro con pensieri negativi, perché non c'è giudizio sulla persona, ma un lavoro sulla crescita e sull'apprendimento.
Un ambiente scolastico ideale deve essere privo di competitività e deve essere costituito da gruppi eterogenei in cui chi sa di più insegna agli altri, ma dove il concetto del migliore e del peggiore non esistono. Questo significa mettere in totale discussione l'attuale sistema, che al contrario è altamente competitivo, riflettendo quasi la società esterna, in cui ognuno viene identificato con il ruolo professionale e sociale che ricopre. Accade così anche nelle scuole, che con voti e verifiche inchiodano in posizioni che definiscono la persona e la racchiudono in un numero, quando invece si dovrebbe fare ricorso al concetto etimologico di verifica, ovvero "verificare cosa so". In questo modo ne troverebbero vantaggio sia il docente, che avrebbe così modo di rivalutare il compito, sia lo studente, che sarebbe propenso alla ripresa delle aree non chiare.
L’errore, invece, è spesso fattore di smarrimento, impotenza e disperazione ed è certo che un comportamento ostile da parte delle figure di riferimento non è che controproducente, perché spesso scatena come reazione irrazionale una mancanza di fiducia dello studente verso sé stesso, che a sua volta lo porta a distaccarsi in maniera totale dalla materia in questione.
Per questo vorrei una scuola più aperta e tollerante; che non sopprima, ma favorisca e guidi lo studente verso le proprie potenzialità, coltivando e facendo sbocciare tutti gli interessi nati dalla curiosità e incoraggiati dalla scuola.

Uniped
 
 

 

Specialisti disturbi dell'apprendimento Vimodrone (Mi)

 

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