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STABILIRE BUONE REGOLE PER EVITARE I CONFLITTI IN FAMIGLIA

Francesca Martano, dott.ssa magistrale in pedagogia, specializzanda in pedagogia clinica

“Il problema è che non ci ascolta!” “Siamo stanchi di star dietro a nostro figlio”. “Le ho provate tutte”.
Parole che risuonano tante, forse troppe volte tra i gruppi di genitori all’entrata/uscita da scuola, nei parchi gioco, nelle sale d’aspetto delle associazioni sportive, nei discorsi fatti tra mamme durante i momenti di pausa, nei bar, magari davanti ad un buon caffè.
Parole che celano il ritratto di genitori esasperati, stressati, stanchi di urlare e di non essere ascoltati dai propri figli.
Immagini che fanno pensare a genitori disorientati e che non sanno come comportarsi in alcune situazioni.
Daniele Novara, famoso pedagogista piacentino, in un’intervista pubblicata sul giornale La Stampa, ribadisce che “essere genitori è difficile anche perché non si sa come educare i figli”.
Lo stesso pedagogista Novara ci riferisce che un tempo era più semplice educare i propri figli in quanto si era collocati all’interno di un autoritarismo che teneva tutti al loro posto, compresi bambini ed adolescenti.
L’educazione era quindi fondata sul “comandare”.
Oggi la società si è evoluta ed ha trasformato ognuno di noi. Nella nostra società, il “comandare” non funziona e forse in realtà non ha mai funzionato.
Probabilmente, un tempo i bambini e gli adolescenti erano più obbedienti non tanto perché capivano le motivazioni di un’azione ma perché avevano paura.
A seguito dell’allontanamento dall’educazione autoritaria, è cambiato anche il modo di essere genitori: il genitore di oggi è un genitore morbido, fragile, che basa il proprio ruolo su un controllo e su una verifica degli stati emotivi propri e del proprio figlio.
È un genitore emotivo che non basa l’educazione su un progetto ma su una visione spontaneistica dell’educazione.
È un genitore che chiede sempre o spesso al figlio cosa fare e che tende ad offendersi quando ciò che dice il figlio non corrisponde a ciò che si aspettava, un genitore che ha paura di usare troppa fermezza nel caso il bambino possa essere traumatizzato.
Quando il bambino non obbedisce, il genitore urla e si arrabbia perché si sente offeso per il fatto di non essere ascoltato, crede di usare un progetto educativo che in realtà non ha.
Cosa deve fare allora il genitore di oggi per essere un genitore educativo?
La risposta potrebbe senz’altro essere quella di stabilire delle regole.
Per far questo è importante che ci sia un allontanamento dalla visione che le regole siano qualcosa di rigido e che ledono la libertà.
In realtà, come sosteneva Kant, il sistema delle regole non limita la libertà, anzi, la garantisce in quanto stabilisce lo spazio entro il quale si può agire.
Le mamme ed i papà dovrebbero organizzare il proprio sistema educativo attraverso la predisposizione di regole semplici e chiare adatte all’età dei propri figli.
Infatti, se le regole non ci sono o sono stabilite in maniera poco chiara o confusa, i figli si muovono a loro piacimento. Questo, anche se a primo impatto potrebbe sembrare libertà, è in realtà un eccesso di permissività che porterà a urla e punizioni.
A tal proposito è importante la distinzione tra regole e comandi.
Imparare a fare questa distinzione significa imparare a gestire l’educazione in termini organizzativi, dedicando tempo e cura al proprio ruolo.
La regola è una procedura chiara, semplice ed impersonale. Il comando invece stabilisce un’imposizione, un ordine gerarchico. Ottenere l’obbedienza attraverso le regole non vuol dire comandare ed educare non significa dare ordini.
Un aspetto su cui porre attenzione è quando si nega qualcosa al figlio: quando si risponde “no” alla richiesta di un bambino infatti bisogna sempre motivare la propria risposta con una regola.
Quali sono le caratteristiche di una buona regola educativa?
1) Coesione.
Le regole devono essere stabilite e mantenute da entrambi i genitori. Quando la regola viene messa in pratica solo da un genitore si rischia di creare confusione. Inoltre una regola che non sia fatta rispettare da entrambi i genitori avrà senz’altro vita breve.
2) Chiarezza
Una regola deve essere chiara e comprensibile dal bambino. Questo vuol dire che deve essere formulata con un linguaggio adatto all’età del figlio. Spesso si possono creare regole ambivalenti e per questo difficili da comprendere per un bambino e quindi anche da rispettare.
3) Realistica ed adeguata
Realistico vuol dire che un bambino deve poterla mettere in pratica e deve essere pertinente alla sua età.
4) Sostenibilità
Molto spesso non ci si rende conto che si danno regole impossibili. Ad esempio, la regola “vai a giocare ma non sudare” in un parco per un bambino che gioca correndo è insostenibile. Questo tipo di regole sono deleterie e creano sfiducia nel sistema organizzativo stesso.
5) Ragionevolezza
Quando si stabiliscono le regole bisogna chiedersi se sono utili alla crescita del proprio bambino.
Cosa fare se un bambino non rispetta le regole?
Molti genitori, usano la tecnica del time out, tecnica che prevede che il bambino sia lasciato solo e fermo per riflettere sugli sbagli commessi. Questa tecnica si basa sul concetto di riflessione. Il problema è che nessun bambino a sei anni ha la capacità di riflettere su un suo comportamento e di trarne conclusioni sul futuro.
Come precedentemente detto i tempi sono cambiati, occorre ora cambiare il concetto che è alla base della punizione.
All’interno della cornice della punizione domina soprattutto quella privativa, ossia il togliere qualsiasi cosa (pc, televisione) dal bambino. Un altro tipo di sanzione è quella riparativa, ovvero che lo sbaglio del ragazzo deve essere riparato facendo qualcosa di utile.
A queste due punizioni una valida alternativa potrebbe essere quella della sanzione educativa.
Si parte dal presupposto che il figlio non abbia capito e che quindi abbia bisogno di un’indicazione e di capire meglio quello che non è chiaro. Il genitore in questo modo dovrebbe offrire dei suggerimenti per affrontare un determinato problema.
Per raggiungere questo obiettivo si possono stabilire delle regole-abitudini che permettano al bambino di essere accompagnato verso un determinato comportamento.

Cosa possono fare i genitori se si sentono soli in questa importante mission?

Essere genitori è un compito molto difficile e nel momento in cui si sentono disorientati e confusi possono rivolgersi ad un professionista quale è il pedagogista, che in qualità di esperto dei processi formativi, educativi e relazionali, con l’uso di propri strumenti conoscitivi, può fornire loro un valido aiuto adatto alla propria situazione.
Lo strumento più adatto in questo caso è il colloquio clinico, cioè uno spazio di consulenza in cui si possono aiutare i genitori a prendere consapevolezza della propria situazione e, attraverso un approccio clinico, fornire le indicazioni opportune per migliorare la situazione.
Il pedagogista non considera la famiglia malata ma la aiuta a cercare le proprie potenzialità relazionali.

BIBLIOGRAFIA
• Cacagna. P. “Manuale per il colloquio clinico pedagogico” Steet-Lib, 2019.
• Novara. D. “Urlare non serve a nulla. Gestire i conflitti con i figli per farsi ascoltare e aiutarli nella crescita. BUR 2014.
• Novara. D. “Organizzati e felici. Come affrontare in famiglia le principali sfide educative dei figli, dai primi anni all’adolescenza”. BUR 2019.
SITOGRAFIA
• https://cppp.it/approfondimenti/dettaglio/per-genitori/Fare-i-genitori-una-mission
• https://www.7giorni.info/editoriali/il-rispetto-delle-regole-e-alla-base-della-societa-e-si-impara-da-piccoli.html

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